Se la cosiddetta Superanagrafe sui conti correnti delle persone fisiche è ai primi passi, non si può dire lo stesso dei controlli fiscali sui conti dei professionisti o autonomi con Partita Iva. Questa categoria di contribuenti si colloca un po’ nel mezzo rispetto alla normativa che regolamenta la presunzione di evasione fiscale nel caso di lavoratori dipendenti, pensionati o disoccupati e nel caso degli imprenditori.

Nel primo caso, infatti, i controlli fiscali si concentrano su tutti i bonifici ricevuti o i versamenti di contanti che non possono essere giustificati dal contribuente: tali somme si presumono come “ricavi in nero” e costituiscono la base di calcolo per applicare ulteriori imposte e sanzioni. Nel caso degli imprenditori, invece, il regime è più rigoroso, dal momento che ogni movimento di cassa deve essere registrato in contabilità: i controlli fiscali perciò si possono estendere anche ai prelievi dal conto.

Come funzionano invece i controlli fiscali sui conti correnti dei professionisti e delle Partita Iva? A fare luce su questo tema ci ha pensato una sentenza della Cassazione, che ha evidenziato come la presunzione di evasione fiscale per le operazioni sul conto non giustificate si applica sia ai prelievi che ai versamenti. Vediamo i dettagli.

Controlli fiscali: come avvengono?

L’Amministrazione Finanziaria pone in essere un’indagine finanziaria allo scopo di acquisire informazioni, dati e notizie in merito ad un rapporto, continuativo o occasionale, intrattenuto presso qualsiasi istituto finanziario, così da individuare eventuali operazioni economiche occulte e quantificare un maggior reddito.

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Nel 2005 la legge Finanziaria ha introdotto una serie di nuove regole che ampliano i poteri di Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate in tema di indagini bancarie. Nel dettaglio, la norma prevede che il reddito e la base imponibile Iva possano essere determinati in via presuntiva, considerando maggiori ricavi o elementi positivi risultanti da:

  • Versamenti sui conti correnti, se il contribuente non dimostra di averne tenuto conto nella determinazione dei redditi imponibili
  • I prelevamenti dagli stessi conti correnti, se il contribuente non ne indica i beneficiari oppure non li annota nelle scritture contabili. Tali importi, riscontrati in seguito a indagini bancarie, sono considerati come ricavi e quindi oggetto di rettifiche e accertamenti, a meno che il contribuente, per confutare la presunzione di evasione fiscale, non indichi il soggetto beneficiario o li abbia indicati nelle scritture contabili.

La presunzione di evasione, come anticipato, può essere confutata con prova contraria: spetta al contribuente dimostrare che le somme accertate dal fisco sono state già tassate alla fonte (ad esempio nel caso di una vincita al gioco), oppure sono esenti, come nel caso di una donazione o un risarcimento.

La normativa prevedeva la possibilità di effettuare controlli fiscali sui prelievi da conti correnti di professionisti, stabilendo che questi movimenti potessero costituire dei “compensi”.

La sentenza della Corte Costituzionale su professionisti e autonomi

Nel 2014 la Corte Costituzionale si è espressa dichiarando l’illegittimità costituzionale della norma descritta, in riferimento esclusivamente ai prelievi dal conto effettuati da professionisti e autonomi.

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La pronuncia della Corte Costituzionale ha comportato che i titolari di reddito di lavoro autonomo e i professionisti non possano più essere soggetti a controlli fiscali fondanti su presunzioni legali relativi ai prelievi dal conto corrente. I versamenti, invece, devono essere sempre giudicati.

Per i titolati di reddito di impresa, poi, è stato definito un parametro quantitativo superato il quale scatta la presunzione di evasione: tale parametro è pari a versamenti o prelievi superiori a 1.000 euro al giorno o a 5.000 euro al mese.

La sentenza della Cassazione su controlli fiscali sui conti di professionisti e autonomi

Nelle sentenze passate la Corte di Cassazione aveva sostenuto che professionisti e lavoratori autonomi non dovessero essere equiparati agli imprenditori, in quanto non coinvolti nell’obbligo di una contabilità separata né di un conto corrente dedicato esclusivamente all’attività lavorativa. Proprio per questi motivi, i controlli fiscali sui conti di professionisti e autonomi potevano avvenire solo sui versamenti e sui bonifici ricevuti, e non sui prelievi, in linea con la pronuncia della Corte Costituzionale.

Una recente sentenza della Cassazione (n. 13334 del 27.03.2019), però, sembra rovesciare questa impostazione: i controlli fiscali sui conti dei professionisti potrebbero avvenire anche sui prelievi, perché la norma che stabilisce la presunzione di evasione fiscale per tutte i movimenti bancari non giustificati ha carattere generale e quindi deve riferirsi anche ai titolari di Partita Iva, e non solo agli imprenditori.

Questo vuol dire che un professionista può essere condannato per evasione fiscale se non riesce a giustificare non solo i versamenti, ma anche i prelievi che ha sul proprio conto corrente.