L’art.52, comma 5, del DPR n.633/1972 prevede, in tema di accertamento tributario, che la dichiarazione resa dal contribuente nel corso di un accertamento di non possedere registri, libri, scritture e documenti richiesti, ne precluda la valutazione a suo favore in sede amministrativa o contenziosa. In realtà, tale preclusione trova applicazione solo nel caso in cui la dichiarazione del contribuente si traduca in un rifiuto all’esibizione della documentazione richiesta da parte del contribuente stesso.
Se invece la dichiarazione si fondi sull’effettiva indisponibilità della documentazione per colpa, caso fortuito o cause di forza maggiore, la preclusione di cui sopra non troverà applicazione, ma al contrario incomberà sull’Amministrazione finanziaria la prova dei presupposti di fatto per l’applicazione della norma.
Quanto finora esposto rappresenta uno dei principi di diritto enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in materia di accertamento tributario e contenzioso tributario. Tale principio è stato anche recentemente richiamato dalla Corte di Cassazione all’interno dell’ordinanza n. 7636 del 18 marzo 2021, che accoglie il ricorso di un contribuente.
Produzione di nuovi documenti in fase di appello nel Processo tributario
La Cassazione, nell’esprimere la sua decisione, ha ricordato nell’ordinanza di cui sopra l’assunto secondo il quale, in materia processo tributario, la produzione di nuovi documenti in fase di appello è consentita, purché avvenga entro i venti giorni liberi antecedenti all’udienza. L’inosservanza di tale termine è però sanata nel caso in cui il documento sia già stato depositato nel giudizio di primo grado, anche se irritualmente.
Nel contenzioso fiscale, infatti, i fascicoli di parte restano inseriti nel fascicolo d’ufficio in modo definitivo, o meglio fino al passaggio in giudicato della sentenza: le parti perciò non hanno possibilità di ritirali e di conseguenza la documentazione prodotta in primo grado è acquisita automaticamente e “ritualmente” nel giudizio di impugnazione.
Pertanto è legittimo, per il giudice d’appello, fondare la propria decisione sui documenti tardivamente prodotti in primo grado, a condizione che questi siano stati acquisiti nel fascicolo processuale in quanto tempestivamente e ritualmente prodotti in sede di gravame entro il termine dei venti giorni liberi prima dell’udienza, stabilito in modo perentorio dall’art.32, comma 1, del D.lgs. n.546/1992.
Tale termine è applicabile anche in sede di gravame, in considerazione del richiamo, contenuto del’art.61 del decreto appena menzionato, alle norme relative al giudizio di primo grado.