Il certificato carichi pendenti del Fisco è un documento rilasciato dall’Agenzie delle Entrate ed istituito con il cosiddetto Codice della crisi d’impresa. All’interno del certificato sono riportati i debiti con il Fisco o con l’Inps, ma è possibile scoprire anche debiti di cui non si aveva mai avuto notizia perché relativi ad atti di accertamento o cartelle mai notificate. In questo caso, è possibile contestare il certificato carichi pendenti del Fisco?
La questione è stata recentemente affrontata dalla Commissione regionale della Toscana, nella sent. n. 360/2021. Ma prima di affrontare questo tema, vediamo nel dettaglio cos’è e come si ottiene questo documento.
Cos’è il certificato carichi pendenti del Fisco
Il certificato carichi pendenti del Fisco, o più propriamente il Certificato unico dei debiti tributari, serve ad ottenere informazioni in merito all’esistenza di debiti tributari risultanti da atti, da contestazioni in corso e da contestazioni già definite per le quali non siano ancora stati pagati i debiti relativi.
Il certificato carichi pendenti deve essere distinto dal cosiddetto Estratto di ruolo, che può essere richiesto presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione e riporta tutte le cartelle esattoriali che sono state notificate al contribuente, ma non ancora definite.
La richiesta per il rilancio del Certificato unico dei debiti tributari invece deve essere presentata presso l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente in base al domicilio fiscale del contribuente, attraverso un apposito modello. Nel caso in cui l’istanza sia presentata dal debitore, sarà dovuta l’imposta di bollo, così come i relativi certificati saranno soggetti all’imposta di bollo e ai tributi speciali. Il debitore può richiedere il documento personalmente, oppure delegare un soggetto, che dovrà essere fornito di delega formale da presentare congiuntamente all’istanza del certificato.
Il modello di cui sopra, debitamente compilato e sottoscritto, può essere presentato all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente:
- tramite consegna diretta ed a mano del modello presso lo sportello dell’Agenzia delle Entrate che rilascia la relativa ricevuta;
- con raccomandata a.r. allegando una fotocopia del documento di identità del soggetto che firma il modello;
- tramite Pec inserendo nell’oggetto della mail “Richiesta Certificato Unico debiti tributari (Art. 364 D. lgs. n. 14/2019)”. Il modello deve essere sottoscritto con firma digitale; nel caso sia sottoscritto con firma autografa, deve essere allegata una fotocopia del documento di identità del soggetto che firma il modello. Gli indirizzi Pec degli uffici dell’Agenzia delle Entrate sono disponibili sul sito internet dell’ente.
Il Certificato unico debiti tributari è rilasciato entro 30 giorni dalla richiesta.
Come si può contestare il certificato carichi pendenti con il Fisco?
Ipotizziamo il caso in cui un contribuente, dopo aver richiesto e ottenuto il certificato carichi pendenti rilevi dal documento la presenza di accertamenti o richieste di pagamento mai ricevute, la cui notifica deve perciò considerarsi nulla. In questa ipotesi, è possibile impugnare il certificato unico davanti al giudice (ossia alla Commissione tributaria) e chiederne la rettifica.
Secondo la sentenza già citata, ossia la sent. n. 360/2021 della CTR Toscana, questa possibilità non è prevista dalle legge, pertanto il contribuente non può richiedere la giudice tributario l’annullamento del certificato dei carichi pendenti con il Fisco.
La vicenda ha visto coinvolta una società che, dopo aver richiesto il certificato unico dei debiti tributari, ha scoperto dell’esistenza di una cartella esattoriale a proprio carico che, a suo dire, non era mai stata notificata. Perciò la società si è rivolta al giudice per chiedere che tale carico fosse dichiarato inesistente e quindi il conseguente rilascio di un nuovo certificato emendato.
Secondo la CTR Toscana, il Certificato carichi pendenti del Fisco non è un atto impugnabile, anche nel caso in cui si vogliano contestare atti non notificato. In tal senso emerge la notevole differenza con l’estratto di ruolo rilasciato da Agenzia delle Entrate – Riscossione: come chiarito dalle Sezioni Unite della Cassazione (sent. n. 19704/2015) tale documento può essere impugnato tutte le volte in cui il documento apprende attraverso di esso, per la prima volta, l’esistenza di un debito tributario che però non gli era mai stato notificato. In questo caso l’estratto di ruolo può essere contestato dinanzi al Giudice per richiedere la cancellazione del debito, proprio per l’omessa comunicazione al contribuente. Lo stesso principio non si applica invece al Certificato carichi pendenti.
Questo perché l’estratto a ruolo, in quanto atto interno all’amministrazione, è impugnabile solo in quanto espressione del ruolo, atto esplicitamente previsto fra quelli impugnabili dal dpr n. 546 del 1992, mentre il Certificato dei carichi pendenti con il Fisco non ha alcun valore impositivo e non rappresenta la prova del ruolo.
Pertanto, in conformità con quanto aveva già sostenuto la Cassazione sullo stesso argomento (sent. n. 13536/20 del 2.07.2020), la CTR Toscana ha negato un’interpretazione estensiva del principio enunciato dalle Sezioni Uniti in merito al certificato unico dei debiti tributari.