Il commercialista è soggetto, per legge, al divieto di ritenzione per quanto riguarda la documentazione che il cliente gli affida per portare a termine una prestazione professionale. L’esempio tipico è la dichiarazione dei redditi, per la quale il commercialista ha bisogno delle fatture emesse e delle spese sostenute nell’arco dell’anno di imposta. Molto spesso tale documentazione viene conservata dal professionista, che potrebbe averne bisogno in caso di successivi controlli del’Agenzia delle Entrate. Ma il commercialista ha la facoltà di trattenere i documenti?
Come in molti altri casi, la risposta dipende dalle circostanze: se è vero che per il commercialista è indispensabile avere con sé i documenti utili per portare a termine la propria prestazione, è altrettanto vero che tali documenti appartengono al cliente, che ha la facoltà e il diritto di richiederli indietro. Vediamo quindi quali sono i limiti imposti al professionista e cosa dice la legge su questa tematica.
Cos’è il divieto di ritenzione
Il Codice civile stabilisce un divieto di ritenzione specifico a carico del professionista intellettuale, ossia di colui che esegue una prestazione lavorativa che non ha natura manuale. Rientrano quindi in questa categoria avvocati, architetti, notai e commercialisti.
Secondo la legge (Art. 2235 cod. civ.), quindi, il professionista intellettuale non può trattenere cose e documenti ricevuti se non per il periodo strettamente necessario alla tutela dei propri diritti, secondo le leggi professionali.
Quando il commercialista può trattenere i documenti dei clienti?
Il commercialista ha facoltà di trattenere i documenti di un cliente in due casi:
- se il commercialista ha ricevuto incarico dal proprio assistito e pertanto è fondamentale avere la documentazione per poter svolgere il proprio lavoro;
- quando, pur essendo stato revocato il mandato, la documentazione ricevuta dal cliente è utile a dimostrare l’opera svolta, ossia per difendere i propri diritti, come nell’esempio del diritto a ricevere il compenso per la prestazione eseguita.
Quando il commercialista è soggetto al divieto di ritenzione?
Cosa succede se il commercialista rinuncia all’incarico?
Quali documenti devono essere restituiti?
Secondo quanto stabilito dal Consiglio nazionale dei commercialisti , gli atti che sono concretamente oggetto del divieto di ritenzione sono:
- i documenti che il cliente ha consegnato al professionista;
- i documenti che il professionista ha predisposto in nome e per conto del cliente in forza dell’incarico professionale;
- i documenti ricevuti da altri soggetti per conto del cliente, ad esempio dalla Pubblica Amministrazione o dalla controparte nell’ambito di un contenzioso tributario).
Il commercialista non è invece tenuto a restituire i documenti che ha creato e che sono di sua proprietà intellettuale, come appunti, fogli di calcolo, bozze di pareri o di atti giuridici: tali documenti infatti costituiscono delle carte interne di lavoro, predisposte esclusivamente ai fini adempiere alle incombenze connesse all’incarico professionale.
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