Le criptovalute sono un fenomeno in costante crescita: secondo una ricerca di Crypto.com, portale specializzato nella compravendita di questa moneta virtuale, il numero attuale di possessori di criptovalute è sovrapponibile al numero di persone che utilizzavano internet nel 1997.
La diffusione delle criptovalute ha necessariamente comportato l’intervento del legislatore, e quindi delle autorità fiscali: in più occasioni entrambi i soggetti hanno cercato di regolamentare e chiarire gli aspetti fondamentali correlati a questa nuova moneta, ma anche a tutti i servizi, prodotti e strumenti di utilizzo e investimento che sono nati intorno alle criptovalute.
- la tecnologia del mezzo di conservazione, che può essere desktop, mobile, web, hardware e così via
- la connettività alla rete dell’ambiente i cui si archiviano le chiavi per l’accesso al wallet
- il controllo o meno delle chiavi di accesso da parte dell’utente.
Al di là di queste classificazioni, il legislatore equipara le critpovalute alle valute estere e, dal momento che da queste possono nascere delle plusvalenze, in merito al trattamento fiscale da applicare alle operazioni effettuate con valuta virtuale, è necessario applicare gli stessi principi che regolano le operazioni che hanno per oggetto le valute tradizionali.
Pertanto, come spiega l’Agenzia delle Entrate, le cessioni “a termine” di valute virtuali sono soggette a tassazione, perché si tratta di operazioni caratterizzate da finalità speculative. Al contrario le cessioni “a pronti”, essendo prive di fine speculativo, non danno luogo a redditi imponibili, a meno che la valuta sia ceduta a seguito di prelievo da wallet la cui giacenza media sia superiore a un controvalore pari a 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta. In questo ultimo caso, il prelievo dai wallet, di qualunque natura essi siano, è considerato una cessione a titolo oneroso.