Una delle domande che i professionisti del contenzioso tributario si sentono rivolgere più spesso dai clienti è cosa succede in caso di perdita di una causa contro Agenzie delle Entrate: i clienti infatti sono spesso preoccupati di dover pagare di più di quanto richiesto dal Fisco, oltre che per la condanna al pagamento delle spese processuali.
Il primo elemento da sottolineare per rispondere a questa domanda è che il processo tributario, sebbene sia strutturato sulla base di quello civile, segue alcune regole particolari. Vediamo nel dettaglio cosa succede quando si perde una causa contro Agenzia delle Entrate (ma anche contro l’agente per la riscossione esattoriale, l’Agenzia delle Dogane e, laddove si impugnino imposte e tributi, contro il Comune e la Regione).
Pagamento di imposte e sanzioni
Presentare un ricorso contro il Fisco non vuol dire essere esentati dal pagamento del tributo: il contribuente è infatti tenuto a versare subito un terzo degli importi contestati.
In caso di perdita in primo grado, dovrà poi pagare gli altri due terzi del tributo e delle sanzioni, indipendentemente dal fatto che voglia o meno fare appello. In tal modo, tra l’inizio e la fine della causa, il contribuente avrà versato la totalità degli importi iniziali.
Non sono quindi previste maggiorazioni o penalizzazioni per il semplice rigetto del ricorso, come invece accade, ad esempio, per le sanzioni amministrative in caso di ricorso al Prefetto.
Se invece la Commissione tributaria accoglie parzialmente il ricorso, il ricorrente dovrà versare l’intero importo ivi stabilito, se inferiore ai 2/3 del tributo controverso e delle sanzioni irrogate, mentre in caso fosse superiore, una somma pari ai 2/3 degli importi suddetti.
Perdere una causa contro Agenzia delle Entrate: il pagamento delle spese processuali
Anche nel processo tributario, come in quello civile, si applica il principio secondo il quale la parte soccombente paga la spese processuali dell’avversario, ossia le cosiddette spese di giudizio. La Commissione quindi, anche senza espressa domanda, condanna la parte soccombente al rimborso in favore dell’altra parte delle spese processuali, che liquida in sentenza sulla base della nota spese. La condanna poi si intende sempre complessiva delle somme versate per contributo unificato e Iva, se dovute, anche se non espressamente menzionate.
In casi eccezionali, tuttavia, la Commissione tributaria può prevedere la compensazione delle spese di giudizio tra le parti (ossia ognuna si fa carico delle spese che ha sostenuto), ma questo può accedere solo in due casi:
- soccombenza reciproca (ossia quando il giudice rigetta in parte le richieste del contribuente e in parte quelle del fisco);
- gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate in sentenza.
In caso di perdita della causa contro Agenzia delle Entrate, l’importo viene determinato sulla base dei parametri individuati per la singole categorie professionali:
- per gli iscritti negli elenchi tenuti dal MEF, si applicano i parametri previsti per i dottori commercialisti
- per l’ente impositore, l’Agente della Riscossione o i soggetti incaricati dell’accertamento o riscossione che stanno in giudizio con i propri funzionari si applicano i parametri previsti per gli avvocati con la riduzione del 20% dell’importo complessivo previsto.
Lite temeraria e responsabilità aggravata
Al processo tributario si applica l’articolo 96 del Codice di procedura civile, in caso di “lite temeraria“: se la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede (ossia con la consapevolezza di essere nel torto) o con colpa grave (ossia quando la parte soccombente, agendo con diligenza, avrebbe dovuto riconoscere di essere nel torto), la Commissione può condannarla, su richiesta dell’altra parte, oltre che al pagamento delle spese di giudizio anche al risarcimento dei danni, che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza.
Inoltre la Commissione può condannare, anche d’ufficio, la parte soccombente al pagamento di una somma a titolo di indennizzo a favore della controparte.
Mancato pagamento della condanna: le conseguenze
Al pari degli altri debiti con il Fisco, il mancato pagamento della condanna contenuta nella sentenza viene riscosso con le procedure ordinarie: il debito sarà iscritto a ruolo a titolo definitivo dopo che la sentenza è passata in giudicato, ossia dopo che siano stati esperiti tutti i mezzi di impugnazione o quando sono scaduti i termini per l’impugnazione.
Il contribuente quindi riceverà una cartella esattoriale, verosimilmente dopo alcuni mesi, che gli intimerà il pagamento delle somme contenute nella sentenza di condanna. In caso di ulteriore inadempimento, potranno essere messe in atto azioni esecutive (pignoramenti) o cautelari (fermo e ipoteca).
Prescrizione di una sentenza di condanna
La prescrizione delle sentenze di condanna è pari a 10 anni, a prescindere dal termine di prescrizione del tributo per il quale era stato presentato ricorso.
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