È ormai entrata in vigore la nuova disposizione del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, che prevede che gli incarichi di curatore, commissario, liquidatore giudiziale ed attestatore possono essere conferiti soltanto ai professionisti iscritti nell’apposito Albo istituito e tenuto presso il Ministero della Giustizia. Questa norma ha portato all’iscrizione di oltre 9.000 professionisti, i quali hanno presentato la propria domanda al Ministero della Giustizia. Tale numero è destinato ad aumentare, poiché il termine per la presentazione delle domande è ancora aperto e ci potrebbero essere ancora pratiche in istruttoria.
Analizzando i dati per categorie professionali, emerge che la crisi d’impresa sta diventando sempre più un tema di interesse per i commercialisti. Infatti, il 74% degli iscritti all’albo appartiene all’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, che rappresenta 6.711 professionisti su un totale di 9.090. Gli iscritti all’Albo degli avvocati sono 2.359, mentre i consulenti del lavoro sono solo 20.
Questi numeri suggeriscono che i professionisti del settore contabile sono i più coinvolti nelle procedure di crisi e insolvenza, probabilmente perché hanno maggiori competenze tecniche in questo ambito. D’altra parte, gli avvocati hanno un ruolo importante nella fase giudiziale del processo di insolvenza e i consulenti del lavoro possono fornire un’importante consulenza sulle questioni relative al personale dell’impresa in crisi.
In ogni caso, l’obbligo di iscrizione all’Albo rappresenta una garanzia per le parti coinvolte, in quanto assicura che i professionisti che ricoprono incarichi cruciali durante una procedura di crisi e insolvenza abbiano le competenze e l’esperienza necessarie per far fronte alle sfide che possono presentarsi. Questo dovrebbe migliorare l’efficienza e l’efficacia delle procedure stesse e garantire una maggiore tutela per i creditori e gli altri interessati.
Gli obiettivi della Direttiva Insolvency
I dati dell’iscrizione all’Albo dei professionisti della crisi d’impresa e dell’insolvenza riflettono inoltre l’approccio del legislatore alla materia e le indicazioni della Direttiva Insolvency. La Direttiva ha l’obiettivo di garantire il corretto funzionamento del mercato e di eliminare le differenze tra le legislazioni e le procedure nazionali in materia di ristrutturazione preventiva, insolvenza, esdebitazione e interdizioni.
L’obiettivo è di rimuovere gli ostacoli per consentire alle imprese e agli imprenditori sani che sono in difficoltà finanziarie di accedere a quadri nazionali efficaci in materia di ristrutturazione preventiva che consentano loro di continuare a operare. Per gli imprenditori onesti insolventi o sovraindebitati, la Direttiva mira a offrire una seconda opportunità mediante l’esdebitazione dopo un ragionevole periodo di tempo. Inoltre, la Direttiva punta ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, in particolare attraverso una riduzione della loro durata.
La continuità aziendale e l’allerta precoce sono considerati il fulcro dell’intera disciplina. Ciò significa che l’obiettivo principale è quello di garantire la continuità dell’attività dell’impresa, anche in situazioni di difficoltà finanziaria. Inoltre, la Direttiva si concentra sull’importanza di una tempestiva identificazione delle situazioni di crisi, al fine di adottare misure preventive e di evitare il fallimento dell’impresa.
La ristrutturazione deve quindi essere vista come un’opportunità per i debitori in difficoltà finanziarie di continuare a operare, modificando la composizione, le condizioni o la struttura delle loro attività e delle loro passività o di una qualunque altra parte della loro struttura del capitale.
La Direttiva Insolvency, nella sua intenzione, mira a fornire quadri di ristrutturazione preventiva efficaci che consentano ai debitori di ristrutturarsi in una fase precoce al fine di prevenire l’insolvenza e quindi evitare la liquidazione di imprese sane. Questi quadri dovrebbero impedire la perdita di posti di lavoro, competenze e conoscenze e massimizzare il valore totale per i creditori, rispetto a quanto avrebbero ricevuto in caso di liquidazione degli attivi della società o nel caso del migliore scenario alternativo possibile in mancanza di un piano. Inoltre, dovrebbero massimizzare il valore per i proprietari e per l’economia nel suo complesso.
In questo senso, la ristrutturazione preventiva diventa uno strumento fondamentale per evitare l’insolvenza e garantire la continuità dell’attività delle imprese in difficoltà.
L’attenzione nella gestione della crisi d’impresa si sta quindi spostando sempre di più dalla fase patologica dell’azienda ormai in decozione e sottoposta ad una procedura concorsuale a quella antecedente, ovvero la fase di gestione della crisi dell’imprenditore ancora in bonis. La crisi dovrebbe essere vista come una fase fisiologica di una realtà dinamica come l’impresa, che richiede un’attenzione costante e un bagaglio di competenze fortemente orientate alla materia aziendalistica.
Per affrontare la crisi in modo efficace, sono necessari adeguati assetti organizzativi che consentano di cogliere subito i segnali di difficoltà economico o finanziaria, piani industriali adeguatamente supportati da analisi di contesto e ragionevoli previsioni prospettiche e una costante attenzione all’efficacia ed all’efficienza dei processi e del business. In questo senso, l’obiettivo principale è quello di evitare la crisi d’impresa e non solo gestirla una volta che è già in atto.
Ciò spiega il grande interesse dei dottori commercialisti per la materia della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Infatti, essi hanno le competenze necessarie per identificare le difficoltà finanziarie e gestirle in modo efficace, aiutando le imprese a evitare la crisi o a gestirla in modo tempestivo.
Inoltre, è importante notare come la gestione della crisi d’impresa richieda un approccio integrato, che coinvolga professionisti con competenze diverse, come avvocati, consulenti del lavoro e commercialisti. Questo approccio multidisciplinare consente di affrontare le diverse sfide che possono presentarsi durante la crisi d’impresa e di fornire soluzioni su misura per ogni caso specifico.
Commercialisti e crisi di impresa: la distrubuzione geografica
Andando ad analizzare la distribuzione geografica dei professionisti iscritti all’albo dei gestori della crisi in Italia, si vede come il numero maggiore di professionisti si trova a Roma e Milano, rispettivamente 531 e 408. Tuttavia, la distribuzione dei professionisti varia notevolmente in altre parti del paese.
In molte zone d’Italia, la maggioranza dei professionisti iscritti all’albo sono commercialisti, come a Torino, Firenze, Prato, Arezzo, Venezia, Genova, Bergamo, Brescia, Monza, Busto Arsizio, Vicenza, Bologna, Parma, Trento, Udine, Napoli, Cagliari, Perugia, Viterbo, Pescara, Lecce, Campobasso, Agrigento e Caltanissetta.
In altre zone, soprattutto al Sud, la situazione si inverte e ci sono più avvocati che gestiscono la crisi, come a Bari, Catania, Palermo e Siracusa.
Ci sono anche alcuni centri dove la distribuzione tra commercialisti e avvocati è più equilibrata, come Verona, Bolzano, Ancona, Caserta/Santa Maria Capua Vetere, Teramo, Latina e Salerno.
In ogni caso, questi dati sottolineano l’importanza di avere professionisti con competenze multidisciplinari che possano affrontare la crisi d’impresa in modo efficace e fornire soluzioni personalizzate a seconda della situazione specifica. La collaborazione tra commercialisti, avvocati e consulenti del lavoro è essenziale per garantire una gestione integrata e una soluzione completa per la crisi d’impresa.
Credits: Gajus/CanvaPro