Nel 2019 la flat tax ha conquistato quasi la metà dei professionisti e degli autonomi che ha aperto una nuova partita Iva. Per la precisione, il 48,2% del totale, mentre se consideriamo solo le persone fisiche la percentuale sale a 66%. A scegliere il regime forfettario, quindi, sono tutti coloro che hanno ricavi o compensi sotto la soglia dei 65 mila euro.
A questi dati però non corrisponde una vera e propria esplosione delle partite Iva, che nel 2019 sono aumentate solo del 6,4% (ossia di 32.900 nuove posizioni), un numero ben lontano dal 2014, quando fu introdotto il regime dei minimi, e dal 2012, quando molti giovani disoccupati furono spinti dalla crisi ad aprire una partita Iva. L’aumento dei ricavi a 65 mila euro, introdotto dal 1 gennaio 2019, quindi, sembra essere stato sfruttato soprattutto da chi già aveva una Partita Iva, per approfittare della tassazione agevolata.
Ma non solo: anche i dati relativi alle partite Iva delle società di capitali e delle società di persone, rispettivamente in calo del 5,7% e del 12,9%, dimostrano che molti professionisti e autonomi abbiano scelto di lavorare su base individuale piuttosto che societaria, in quanto il possesso di quote di Snc e Sas è incompatibile con l’accesso alla flat tax.
Professionisti e flat tax: i dati anagrafici
Durante il 2019 la maggior parte delle partite Iva è stata aperta da under 35 (il 44,8%), ma l’aumento più significativo tra il 2018 e il 2019 è quello relativo alle posizioni attivate dai contribuenti più anziani, che hanno fatto rilevare un più 29,1%.
Tra i senior della flat tax, non è assurdo ipotizzare di trovare molti soci di piccole società o componenti di studi associati che, attratti dal regime agevolato e della possibilità di evitare complicazioni tributarie legate ad una futura cessione dello studio professionale, hanno scelto di lavorare individualmente.
Inoltre, in questa fascia di età sono probabilmente presenti anche dipendenti e pensionati con un reddito da lavoro oltre i 30mila euro, che nel 2019 avevano potuto beneficiare dei vantaggi offerta dal regime forfettario, ma anche dal 1 gennaio 2020, con le modifiche introdotte dal Decreto Fiscale, si trovano fuori dalla flat tax.
Riforma dell’Irpef, un’incognita per i forfettari
Le partite Iva in regime forfettario pagano una delle imposte sostitutive che, negli anni, si sono andate stratificando fino a superare i 16 miliardi di gettito per l’Erario. Quella a carico dei forfettari non è tra le maggiori per quanto riguarda l’impatto finanziario, la cui parte principale è rappresentata dalle imposte su dividendi e interessi, ma sicuramente è tra quella con il maggior numero di adesioni: oltre alle nuove partite Iva, infatti, bisogna considerare anche i 285mila nuovi forfettari arrivati dall’Irpef ordinaria del 2019.
Questo elemento qualifica la flat tax al 15% (o al 5% in caso di nuove attività) come il regime naturale per le partite Iva non strutturate nella forma societaria, elemento assolutamente da non sottovalutare nell’ambito della riforma dell’imposta sui redditi delle persone fisiche.