Uno dei punti fondamentali del decreto fiscale in arrivo, stando alle anticipazioni, è l’unificazione di Imu e Tasi, un provvedimento chiave da leggere soprattutto in chiave anti evasione, vero trait d’union di tutto il decreto.
La tassa unica permetterebbe di semplificare le aliquote e quindi far partire finalmente il modello precompilato da spedire ai contribuenti, in piano dal 2011 ma mai attuato a causa delle circa 300mila variabili che caratterizzano Imu e Tasi. L’unificazione permetterebbe anche di assorbire la parte più superficiale del tax gap sull’imposta immobiliare, che secondo l’ultimo rapporto sull’evasione fiscale è pari a 5,1 miliardi di euro.
La fusione di Imu e Tasi, tuttavia, nasconde diverse problematiche, sia politiche che tecniche. Ad oggi, la somma di Imu e Tasi arriverebbe, tranne che in alcune eccezioni, al 10,6 per mille. Nei comuni in cui è prevista da circa quattro anni una super Tasi aggiuntiva, tuttavia, l’imposta unificata arriverebbe all’11,4 per mille.
Ipotizzare di innalzare il tetto della nuova Imu è particolarmente difficile, anche perché l’ipertassazione sul mattone è tra le cause della lunga crisi dei valori immobiliari che ormai caratterizza il nostro Paese da tempo. Per questa ragione, si manterrà probabilmente il limite dell’imposta unica al 10,6 per mille, anche per prevenire accusa di aumenti di tasse. In tal modo, tuttavia, mancherebbero ancora 280 milioni circa per compensare i 300 Comuni che applicano la Tasi maggiorata.
Da escludere invece l’abolizione della Tasi voluta dalla Lega, che avrebbe un costo di 1,1 miliardi. L’unificazione di Imu e Tasi punterebbe invece alla semplificazione: da una parte si eliminerebbe il paradosso di una doppia tassa sullo stesso immobile, dall’altra si abolirebbero le oltre 300 mila forme di tassazioni diverse nate dalla libertà assegnata ai Comuni nell’introdurre aliquote su misura per diverse tipologie di immobili e proprietari.
Nella nuova ipotesi al vaglio i Comuni potrebbe sì diversificare le aliquote, ma all’interno di una casistica più rigida, limitata a una decina di variabili. In tal modo si potrebbe introdurre il bollettino precompilato per tutti e agevolare i controlli antievasione. Ad oggi, infatti, in Italia manca all’appello circa il 27% del gettito potenziale, anche se il divario tra incassi attesi e ideali di allarga al sud.
La chiave, quindi, è migliorare i controlli e l’efficacia nella riscossione, anche con la riforma della riscossione locale, che offrirebbe agli enti locali poteri analoghi a quelli dell’agente nazionale per i tributi erariali.
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