La Legge di Bilancio 2023 ha introdotto una “nuova” definizione agevolata delle liti pendenti alla data del 1° gennaio 2023 in ogni stato e grado del giudizio, proposte nei confronti dell’Agenzia delle entrate, dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli e degli Enti territoriali che vi aderiranno entro il 31 marzo 2023.
Alcuni aspetti di questa normativa sono però risultati incerti ad una prima interpretazione. Ad esempio, si ritiene che la qualifica di parte processuale assuma rilevanza esclusivamente sotto un profilo formale, nel senso che potranno essere oggetto di definizione agevolata non solo i giudizi instaurati direttamente nei confronti dei soggetti sopra indicati, ma anche quelli nei quali i medesimi siano intervenuti volontariamente o perché chiamati in causa, sempre entro il 1° gennaio 2023.
Tuttavia, restano escluse dall’ambito di applicazione dell’agevolazione in esame le controversie instaurate nei confronti di soggetti diversi da quelli sopra indicati, come ad esempio le controversie instaurate nei confronti della sola Agenzia delle entrate-Riscossione (sempreché, come detto, l’Agenzia delle entrate o l’Agenzia delle dogane e dei monopoli non siano intervenute entro il 1° gennaio 2023).
In ogni caso, in ipotesi di controversia in cui sia parte non solo l’Agenzia delle entrate-Riscossione, ma anche l’Agenzia delle entrate o l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, sarà possibile accedere alla disciplina in esame, considerato che questa non pone alcuna limitazione agli atti oggetto di impugnazione, potendo trattarsi indifferentemente di atti impositivi o anche di cartelle di pagamento.
Ambiti di applicazione della nuova definizione agevolata
Con riferimento alle cartelle di pagamento, occorre precisare che devono ritenersi comprese nella definizione in esame anche quelle derivanti dalla liquidazione automatica ex articoli 36-bis D.P.R. 600/1973 e 54-bis D.P.R. 633/1972, nonché quelle derivanti da controllo formale ex articolo 36-ter D.P.R. 600/1973, in considerazione di quanto sancito dalle Sezioni Unite con sentenza n. 18298/2021 in merito alla precedente definizione di cui all’articolo 6 D.L. 119/2018.
La nuova definizione agevolata delle liti pendenti si estende a tutte le controversie tributarie indipendentemente dalla natura dell’atto impugnato. Restano escluse, così come espressamente previsto, le controversie concernenti, anche solo in parte, le risorse proprie tradizionali comunitarie, l’Iva all’importazione e le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato.
I benefici della definizione delle liti pendenti
Per quanto concerne i benefici derivanti dalla nuova definizione, si rileva che, oltre all’annullamento di sanzioni e interessi, sono dovute le seguenti percentuali del valore della controversia, a seconda che alla data del 1° gennaio 2023 il ricorso sia stato notificato, iscritto a ruolo in primo grado, accolto in primo grado, o in caso di soccombenza dell’Agenzia fiscale in secondo grado:
- 100% per il ricorso notificato;
- 90% per il ricorso notificato e iscritto a ruolo in primo grado;
- 40% per il ricorso accolto in primo grado;
- 15% in caso di soccombenza dell’Agenzia fiscale in secondo grado;
- 40% o 15% (dell’ammontare del tributo oggetto di annullamento) per il ricorso accolto parzialmente, a seconda che la sentenza sia stata pronunciata rispettivamente in primo o in secondo grado;
- 5% per il giudizio pendente in Cassazione, in caso di soccombenza sia in primo che in secondo grado.
Tuttavia, nel caso di controversie aventi ad oggetto esclusivamente sanzioni collegate al tributo, ovvero calcolate in percentuale rispetto al tributo, non è dovuto nulla se il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla definizione in parola. Invece, nel caso di controversie aventi ad oggetto esclusivamente sanzioni non collegate al tributo, ovvero calcolate in modo autonomo rispetto al tributo, è dovuto il 15% del valore della controversia in caso di sentenza favorevole al contribuente depositata entro il 1° gennaio 2023, mentre è dovuto il 40% in tutti gli altri casi, anche in caso di soccombenza del contribuente in primo o in secondo grado.