Giudici in astensione dalle udienze per protestare contro la riforma del processo tributario: è quanto emerge da una parte dei giudici delle commissioni provinciali e regionali presenti al VII congresso nazionale dell’Associazione di categoria (Amt). Dall’evento è emerso un pesante scontento e malessere, oltre a dubbi sulla legittimità costituzionale delle norme, che da domani inizieranno l’iter in commissione in Senato. Una situazione che ha spinto una parte dell’assemblea a mettere subito in campo l’arma dello sciopero.
Dal confronto tra presidenza e assemblea alla fine è arrivato il compromesso di ribadire “lo stato di agitazione già proclamato» con la possibilità di assumere iniziative ulteriori compresa l’eventuale immediata astensione dalle udienze nel rispetto dei termini di legge”. In tal modo, i vertici dell’Amt possono graduare. la protesta in base alle risposte del Governo e delle risposte politico, passando attraverso l’approvazione delle commissione di garanzia per lo sciopero.
Le motivazioni della protesta
Secondo i magistrati tributari la riforma comporterebbe uno stravolgimento dell’ordinamento della giustizia tributaria, che rischia di compromettere l’indipendenza e l’imparzialità del giudice attraverso l’organizzazione amministrativa delle commissioni tributarie affidata al ministero dell’Economia.
Inoltre, la futura composizione dei magistrati tributari con i nuovi giudici professionali a tempo pieno a partire dal 2023 e, nel regime transitorio, la coesistenza con gli attuali giudici onorari rischia poi di rallentare, se non paralizzare, l’attività delle commissioni. Come sottolinea Daniele Gobbi, presidente dell’Associazione, la cessazione dell’attività a 70 anni invece che 75, come previsto attualmente, causerebbe l’uscita di 702 giudici entro il 31 dicembre, tra cui molti presidenti e vicepresidenti di commissione o di sezione. La previsione dell’assegnazione obbligatoria di giudici da altre sedi non solo non rimedierebbe alla situazione, ma è anche considerata lesiva della dignità dei giudici attuali.
La progressiva perdita di giudici continuerebbe poi nel 2023 e nel 2024 con altre mille uscite, compensate solo in minima parte dai concorsi attuali.
In questo contesto, gli giudici tributari propongono che, nei cinque anni successivi all’entrata in vigore della riforma, si mantenga l’età di cessazione dall’incarico a 75 anni, con una riduzione graduale dell’età negli anni successivi. Chiedono inoltre più concorsi per diventare magistrati a tempo pieno rispetto ai tre attualmente previsti; anche il reclutamento degli attuali giudici non togati non dovrebbe subire limitazione nel tempo e la quota di riserva andrebbe aumentata.
I magistrati chiedono poi di cambiare la denominazione “commissioni” in “Tribunale e Corte d’appello tributaria”.
Infine, c’è il tema dei laureati in Economia: i concorsi per la nuova magistratura devono essere aperti anche a loro, in quanto nel processo tributario sono necessarie competenze specialistiche e multidisciplinari.
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