Il Legislatore ha previsto in modo tassativo le ipotesi di inammissibilità dell’atto di appello nel processo tributario, in modo da evitare un dispendio inutile e dannoso di risorse economiche. In tal senso, l’ipotesi in cui l’appello nel processo tributario deve essere considerato inammissibile è la mancanza degli elementi essenziali: individuazione dell’autorità giudicante, estremi della sentenza impugnata, controparte, oggetto della domanda e motivi specifici.
Proprio in merito ai motivi specifici dell’appello, è bene sottolineare come questi non possano essere considerati inesistenti se l’impugnazione, seppur formulata sinteticamente, ripropone gli stessi motivi e rilievi del ricorso introduttivo, permettendo così di individuare in modo inequivocabile le ragioni, stante il carattere pienamente deduttivo.
A conferma di questa impostazione, si è espressa anche la Corte di Cassazione attraverso l’ordinanza n.5864 depositata il 28 febbraio 2019.
Nell’ordinanza, la Suprema Corte è intervenuta in merito a un ricorso tributario di un contribuente contro un avviso di accertamento notificatogli da Agenzia delle Entrate in relazione al maggior reddito accertato secondo modalità induttive.
Il contribuente aveva impugnato immediatamente il provvedimento, con un ricorso davanti alla Commissione tributaria provinciale, che però lo aveva rigettato. La difesa del contribuente aveva quindi presentato appello avverso a tale pronuncia: i giudici di merito, tuttavia, hanno dichiarato inammissibile tale appello a causa di difetti nella specificità dei motivi.
Secondo i giudici di merito, infatti, il contribuente si sarebbe limitato a riproporre quanto contestato nel ricorso di primo grado, senza esporre eventuali vizi riscontrati nell’iter logico e giuridico del giudice di primo grado. Tale pronuncia è stata quindi impugnata in Cassazione, sostenendo l’avvenuto rispetto in materia di appello nel processo tributario, e quindi il rispetto di quanto prescritto nell’art.53, comma 1, del D.Lgs. 546/1992).
La decisione della Cassazione
La Suprema Corte, con l’ordinanza summenzionata, ha accolto il ricorso presentato dal contribuente, richiamando un orientamento ormai piuttosto consolidato in materia. La mancanza o l’assoluta incertezza dei motivi specifici di impugnazione, infatti, non sussistono qualora il gravame, anche se formulato in modo sintetico, contenga una motivazione che sia interpretabile in modo inequivocabile e i cui elementi di specificità possono essere dedotti dall’intero atto di impugnazione.
La Corte specifica quindi che anche una mera riproposizione delle ragioni dell’impugnazione, se effettuata in contrapposizione alle argomentazioni proposte dal giudice di primo grado, risponde pienamente al requisito di impugnazione specifica, visto il carattere devolutivo pieno dell’appello nel processo tributario, che non è limitato al controllo di vizi specifici, ma volto ad ottenere il riesame della causa di merito.
Nel caso qui citato, quindi, il contribuente di fatto aveva riproposto alla Commissione tributaria regionale le stesse doglianze sollevate davanti al giudice di primo grado, contro la decisione assunta di quest’ultimo: da qui l’accoglimento del ricorso da parte della Corte di Cassazione.