Secondo quanto previsto della riforma del processo tributario, se il contribuente decide di difendersi personalmente contro una pretesa del Fisco deve tenere presente che il valore della controversia non può superare i 3mila euro a titolo di imposta, o di sanzioni qualora queste siano l’unica pretesa.
La bozza di disegno di legge di riforma del processo tributario, che il Consiglio dei Ministri ha approvato il 17.5.2022, non modifica tale soglia.
Per rendere più veloce la trattazione del ricorso, tranne nei casi in cui la causa sia di valore indeterminabile, la riforma introduce la figura del giudice monocratico: in tal modo si accelera sulla soluzione delle controversie, evitando così che le pratiche di basso valore possano accumularsi, riservando la trattazione alla commissione in forma collegiale per la risoluzione di pratiche più complesse.
Tuttavia, qualora il ricorso venisse respinto, la bozza prevede un’innovazione rispetto alla procedura attuale, prevedendo che il giudice possa formulare una proposta conciliativa “avuto riguardo all’oggetto del giudizio e all’esistenza di questioni di facile e pronta soluzione”.
Se il contribuente rifiuta la proposta senza un giustificato motivo, restano a suo carico, nel caso di soccombenza, le spese del giudizio “maggiorate del 50%, ove il riconoscimento delle sue pretese risulti inferiore al contenuto della proposta” ricevuta.
Il contribuente deve quindi confidare sul fatto che la causa non sia trattata dal giudice monocratico, ma dalla commissione in forma collegiale, perché se la sentenza emessa gli è contraria, in tutto o in parte, sarà possibile presentare il ricorso in appello esclusivamente per la “violazione delle norme sul procedimento, nonché per violazione di norme costituzionali o di diritto dell’Unione europea, ovvero dei principi regolatori della materia”.
La limitazione non riguarda le controversie che riguardano le risorse proprie tradizionali previste dall’art. 2, paragrafo 1, lett. a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7.6.2007, e 2014/335UE, Euratom del Consiglio del 26.5.2014, e l’IVA riscossa all’importazione.
Bisogna quindi tenere presente che quando l’impugnazione, anche incidentale, viene respinta o è dichiarata inammissibile o improcedibile il contribuente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato tributario di importo pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. La regola si applica anche se l’iniziativa di impugnazione dell’atto è dell’ente impositore.
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